FORUM INTERDISCIPLINARE FERDINANDO ROSSI Il futuro delle migrazioni: uno sguardo alle seconde generazioni
giovedì 3 novembre 2016 - ore 9:00
Università degli Studi di Torino
Aula Magna del Campus Luigi Einaudi
Lungo Dora Siena 100, Torino
Evento trasmesso in diretta streaming su www.unito.it/media
con il patrocinio dell'Università di Torino e della Città di Torino
PROGRAMMA
8:45 accreditamento
9:00 inzio
Saluti di benvenuto
Rettore Gianmaria Ajani, Presidente della SSST Ferdinando Rossi
Enzo Lavolta, Vice Presidente vicario del Consiglio Comunale, Città di Torino
Vincenzo Ferrone, Consigliere della Compagnia di San Paolo
La SSST: prospettive per una svolta?
Alessandro Zennaro, Vice Presidente della SSST Ferdinando Rossi
Prolusione per la Classe di Scienze umane
Citizenship in the XXIst century for second generations
Catherine Wihtol de Wenden, Università Sciences Po, Parigi
The Globalization of migrations which occurred at the end of the twentieth century has led to an evolution of the concept of citizenship in France. This one was formerly confined to the nation State, linking the citizen to exclusive rights and duties towards his state of belonging. With increasing mobilities and double affiliations of some of the settled ones, new forms of citizenship are appearing.
11:00 - 11:15 Coffee break
Prolusione per la Classe di Scienze naturali
Famiglie migranti e nuove generazioni di italiani come laboratori di intercultura
Bruno Mazzara, Università La Sapienza, Roma
Il tema delle cosiddette “seconde generazioni” diventa sempre più importante nell’ambito di una riflessione matura sulle caratteristiche, sugli sviluppi e sugli esiti dei processi migratori. E ciò non solo per la crescente rilevanza del fenomeno e per le sue implicazioni di carattere sociale, ma anche per i suoi correlati di tipo psicologico e culturale. La particolare condizione nella quale si trovano i giovani che, pur appartenendo a famiglie di migranti, sono nati nel Paese di accoglienza o vi sono giunti da piccoli, incide in modo significativo sulla vita psichica, a partire dalle fondamentali dinamiche legate alla formazione dell’identità personale e sociale. Conseguenze altrettanto rilevanti si osservano al livello più ampio dell’incontro e della trasformazione delle culture: l’esperienza di queste persone si può infatti qualificare non solo e non tanto in termini di ambivalenza, di incertezza o di “sospensione” tra due culture, quanto piuttosto in termini di sintesi originale, che si produce in modi volta a volta diversi e corrispondenti alle specifiche situazioni sociali, e che corrisponde all’attuazione concreta di quella che si definisce intercultura. Il fatto che l’esito dell’incontro fra le culture vada più nella direzione del disagio o della lacerazione personali che non verso la positiva sperimentazione di ibridazioni innovative, così come il fatto che nella società nel suo complesso prevalgano logiche di rifiuto, di integrazione assimilativa o di sofferta convivenza multiculturale piuttosto che logiche di arricchimento interculturale, dipendono molto dal modo in cui le relazioni tra diversi sono presentate e costruite nel discorso sociale.
Giovani arabi in Italia: identità plurali
Paolo Luigi Branca, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano
Il passaggio dalla prima generazione d’immigrati alle successive, specie se si tratta di bambini e giovani nati in Italia o arrivatici in tenera età, comporta delle profonde trasformazioni sia nei soggetti interessati, sia nelle loro relazioni con l’ambiente d’origine e la società d’accoglienza. Poca attenzione viene generalmente riservata specie dai media ai processi evolutivi in atto e anche le agenzie educative tradizionali (famiglia, scuola, oratorio...) mancano spesso degli strumenti culturali per accompagnare gli snodi più delicati di questa dinamica. Alcune riflessioni frutto di un’esperienza di vari decenni saranno proposte per stimolare possibili iniziative e interventi dai quali può dipendere molto del nostro comune futuro.
13:00 - 14:30 Pausa pranzo
Talenti mobili: seconde generazioni e studenti stranieri per l’internazionalizzazione dell’Università
Viviana Premazzi, Università di Torino
In molte città italiane le seconde generazioni hanno ormai raggiunto l’età adulta diventando protagonisti nei diversi contesti della vita sociale, economica e politica del Paese. Nonostante tra molti figli di stranieri l’abbandono scolastico precoce permanga come uno dei nodi problematici del loro percorso educativo, molti sono anche i giovani nati in Italia, ma con background migratorio, che proseguono il loro percorso scolastico fino all’Università. In alcuni casi la scelta è libera, in altri è condizionata dalle aspettative dei genitori e del loro Paese di origine. Insieme a loro, in costante aumento nelle Università italiane, è anche la presenza di studenti internazionali che arrivano in Italia grazie al programma Erasmus+ o ad altri accordi bilaterali o multilaterali tra università. Purtroppo, però, specialmente a causa dei persistenti effetti della crisi economica, sono molti gli studenti stranieri o di origine straniera che, molto spesso da soli, basandosi sul proprio network e le proprie risorse, una volta concluso il percorso formativo in Italia ricercano maggiori opportunità di studio e lavoro all’estero. La presenza di questi studenti dovrebbe, invece, spingere verso una maggiore internazionalizzazione delle Università e della società italiana: questi “talenti mobili” potrebbero, infatti, configurarsi come una risorsa e fungere da ponte per lo sviluppo di relazioni istituzionali, progetti e business transnazionali.
Il razzismo culturale
Marco Aime, Università di Genova
Negli ultimi decenni, da quando la moderna genetica ha decostruito il concetto di razza, come veniva declinato nel Novecento, le nuove frontiere della discriminazione e dell’esclusione si sono spostate sul versante della cultura. Cultura intesa però in una accezione di fissità e rigidità, legata a un dato naturale, come se fosse ascritta e non il prodotto di un lungo apprendimento sociale. Termini come ”radici”, ”popolo”, ”tradizione” che abbondano nelle retoriche dei movimenti e partiti xenofobi, richiamano al legame ”terra e sangue” di triste memoria, riducendo l’individuo a una sorta di vegetale dominato dalla natura e privo di scelte. Di fatto siamo di fronte a un razzismo senza razza, a una forma di fondamentalismo culturale.
Dibattito e conclusioni a cura del Comitato organizzativo del Forum
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